Quanti la desiderano. Una rosa che riempia l’anima col suo profumo, che sazi gli occhi con i suoi colori vellutati, che confonda i sensi con la sua morbidezza. Una rosa che doni solo piacere, bellezza e benessere. Ma ogni rosa ha le sue spine. Fastidiose, dolorose, a volte ben visibili ed evitabili, a volte manifeste solo troppo tardi. A volte, poi, sembrano restare solo quelle. Cadono i petali, uno alla volta, finché del fiore non resta più nulla. I rovi sono lì, dritti e verdi, ma spogli, apparentemente aridi e tristi. Poi un mattino la magia ritorna: un piccolo bocciolo si è fatto strada lungo i filamenti assopiti, nutrendosi della linfa nascosta ma ancora presente. Le spine, che fino ad allora hanno preservato il fusto perché potesse accogliere il piccolo frutto, lo proteggono amorevolmente dalle mani precipitose che se ne vorrebbero impossessare e dalle bocche voraci che se ne vorrebbero cibare, finché non sarà giunto per lui il momento di schiudersi al mondo. Ed ecco splendere una nuova rosa, un nuovo soffice letto per la rugiada del mattino, un nuovo dono di bellezza e colore. Gli occhi vi si posano e riscoprono l’armonia, la gioia e la pienezza della vita. Ed è il momento in cui si possono ringraziare le spine, poiché emerge la consapevolezza che senza di esse la rosa non potrebbe esistere.