Ho fatto un sogno…

“I sogni spianano la strada alla vita e ti determinano, anche se non ne comprendi il linguaggio.” Così scriveva Carl Gustav Jung nel suo Libro Rosso.

Nei sogni, infatti, prendono forma e forza parti di noi che durante la veglia spesso non hanno spazio e vengono allontanate dalla nostra razionalità per i motivi più vari; possono, ad esempio, essere legate ad un’infanzia da cui si sente il bisogno di distanziarsi, oppure essere percepite come potenzialmente pericolose per l’immagine di sé che ci si è costruiti o ancora essere espressione delle nostre paure e fragilità. Soffocare queste parti, paradossalmente, rischia di renderle inconsciamente più influenti, sacrificando, inoltre, le potenzialità di crescita personale che potrebbero offrirci. 

Fortunatamente, durante il sonno le difese si allentano ed il nostro mondo interiore può esprimersi con maggior libertà. Attraverso il sogno comunichiamo con noi stessi, usando il linguaggio misterioso e potente delle immagini e dei simboli. 

I sogni ci parlano del passato, del presente e del futuro, lavorano per integrare i nostri vissuti verso intrecci più armoniosi, suggeriscono vie da esplorare per raggiungere maggiore consapevolezza o accettazione e possono dar vita a nuove progettualità. A volte riusciamo a coglierne il senso fin da subito, altre volte ci resta oscuro a lungo. In essi si fondono simbolismi collettivi, arcaici e primordiali, con simbolismi individuali, unici ed irripetibili, che si mescolano e si alternano, dando vita a scenari al contempo intimi ed universali. 

I sogni sono il luogo dove prende forma il possibile, dove gli opposti convivono e da essi possiamo partire per vivere la nostra vita con maggior pienezza, equilibrio e soddisfazione. 

E voi, cos’ avete sognato stanotte?

Un’ora di vacanza quotidiana! 

Finiscono le vacanze e si torna alla vita di città. La pausa estiva spesso è uno spazio mentale in cui prendono forma propositi e progetti da attuare al rientro, ma la quotidianità, fatta di lavoro, faccende domestiche e gestione familiare, rischia di prendere il sopravvento e di assorbire tutto il tempo a nostra disposizione. Quel libro che abbiamo proprio voglia di leggere, quel film che non ci vorremmo perdere, quell’ amico/a che dovremmo assolutamente rivedere, quell’idea che abbiamo avuto per sistemare l’angolo caotico della stanza e tutti gli altri pensieri propositivi e progettuali rischiano di venire dimenticati a causa di mille altre cose da fare, piccole e grandi, che riempiono le nostre ore ma che spesso non ci danno quel senso di soddisfazione, così importante per il nostro benessere. Dobbiamo,  invece, convincerci che prenderci cura di noi, coccolarci, nutrire e dare spazio al nostro mondo interiore sono aspetti che meritano un ruolo di rilievo nella nostra vita. Sono elementi che hanno un potente influsso sul nostro umore e sulla nostra salute psicofisica e non possono essere relegati solo ai giorni di ferie. Proviamo, allora, a fermarci un attimo e cerchiamo di individuare un momento della giornata in cui dedicarci a ciò che ci fa stare bene. Per alcuni l’ideale è al mattino presto, per altri la sera tardi, per altri ancora la pausa pranzo; non esiste una regola generale, l’importante è che si senta quel momento come giusto per sé. Anche il che cosa farne è molto soggettivo: passeggiare, leggere, scrivere, disegnare, cucinare, allenarsi, uscire con gli amici, fare bricolage o giardinaggio… Sta a noi capire cosa ci fa stare bene e, se impareremo ad ascoltare noi stessi, sapremo scegliere come usare al meglio quello spazio, variando di volta in volta in base a ciò di cui avremo più bisogno quel giorno. Perciò, una volta rientrati, ripartiamo da noi e coltiviamo tutto l’anno la nostra ora di vacanza quotidiana!

Run.

Non sapeva correre. È così: fino ai 20 anni non ne era capace ed era convinta che fosse una sua caratteristica, non modificabile. Le pesava, la faceva sentire “difettosa”, ma non vedeva possibilità di cambiamento. Poi è entrata nella sua vita una persona speciale, colui che poi sarebbe diventato suo marito, che le ha aperto gli occhi: era lei che si stava auto-limitando, che si stava trattenendo e che non si fidava del suo corpo. Pian piano ha imparato a credere in sé stessa ed a lasciare che i movimenti fossero più sciolti e rilassati ed ha scoperto che anche lei poteva farlo. Le credenze negative che in passato  aveva costruito su sé stessa hanno, così, lasciato spazio a convinzioni positive e costruttive e si è sentita più libera e forte. 

Questa persona ha sperimentato quanto  la potenza della nostra mente può influire sulle nostre azioni, ingabbiandoci con pensieri limitanti o al contrario aprendoci porte in precedenza invisibili. Per spostare l’ago della bilancia, a volte può essere sufficiente un’esperienza di vita significativa, altre volte è necessario un percorso più mirato e professionale, ma la cosa importante è sempre darsi una possibilità. La spinta al benessere fa parte di noi, dobbiamo solo guardare  nella direzione giusta.

Terremoto: il trauma

Ci sono tragedie che sconvolgono l’anima e che fanno echeggiare la loro potenza distruttrice e mortifera anche a migliaia di chilometri di distanza dai luoghi direttamente colpiti. Le notizie che si susseguono in queste ore descrivono la devastazione che ha coinvolto il centro Italia e rilevano come le sue dimensioni siano dolorosamente in crescita, lacerando il cuore anche a chi ha solo appreso l’accaduto dai media. L’attenzione, giustamente, è tutta su chi ha perso la vita, i familiari, la casa e deve affrontare un futuro pieno di dubbi, paure ed incognite ed in loro favore si stanno attivando tante iniziative di sostegno a vari livelli. Ma il mio pensiero corre anche a qualcun altro. Tanti sono i soccorritori partiti da tutta Italia per prestare il loro aiuto, accettando il rischio di diventare a loro volta vittime del terremoto, non solo per la possibilità di ulteriori scosse o cedimenti, ma anche per i risvolti psicologici che interventi del genere portano con sé. Trovarsi di fronte a paesi interamente distrutti, estrarre dalle macerie persone che non ce l’hanno fatta, sentire per ore le urla di chi ancora è là sotto e vedere sui volti dei sopravvissuti il terrore e la disperazione sono a loro volta esperienze altamente traumatiche, che segnano indelebilmente chi le vive e che possono rendergli difficile il ritorno ad una vita normale. Flashback, incubi, pensieri intrusivi, sforzi per evitare stimoli che rimandano a quanto vissuto, fatica a ricordare, eccessiva irritabilità e reattività, senso di colpa ed emozioni negative sono solo alcuni dei segnali che evidenziano l’elevato livello di stress a cui si è stati sottoposti. Tali reazioni, molto frequenti tra chi ha avuto a che fare con eventi traumatici, rappresentano una risposta fisiologica del nostro organismo nel periodo immediatamente successivo al trauma e solitamente regrediscono spontaneamente col passare del tempo. In alcuni casi, però, possono protrarsi a lungo, con crisi d’ansia che incidono negativamente su uno o più ambiti di vita ed evolvono in un vero e proprio Disturbo da Stress Post-traumatico (PTSD). Quest’ultimo difficilmente riesce ad essere superato senza una terapia.

L’EMDR può essere applicato già nella fase acuta dell’evento, al fine di rendere più tollerabile l’elevata attivazione fisiologica, e rappresenta un trattamento d’elezione nelle fasi successive e nei casi di insorgenza di disturbi più complessi.

Non essendomi possibile offrire aiuto in loco, ho scelto di mettermi a disposizione dei soccorritori partiti dalla provincia di Milano che nei prossimi mesi dovessero sentire il bisogno di un supporto psicologico.

Che cos’ è l’EMDR?

Segui le mie dita.

Francine Shapiro lo scoprì per caso nel 1987. Passeggiando in un parco, assorta nei suoi pensieri, si rese conto che determinati movimenti oculari, che stava involontariamente attuando, permettevano una rapida riduzione del livello di stress connesso a ricordi traumatici. Così iniziò il percorso di ricerca e studi scientifici che hanno portato alla strutturazione della terapia EMDR (Eye Movement Desensitization And Reprocessing – Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) e del modello teorico AIP (Adaptive Information Processing – Elaborazione adattiva dell’informazione) che ne sta alla base. 

Nel 2013 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il metodo nelle nuove linee guida per il trattamento dei disturbi psicologici connessi ad eventi traumatici, riconoscendone così l’efficacia, ed oggi gli psicoterapeuti esperti in EMDR, sono spesso in prima linea nel fornire supporto psicologico in situazioni di emergenza.

La stimolazione bilaterale data dai movimenti oculari guidati dal terapeuta, ottenibile anche con tocchi o suoni alternati, fa sì che l’esperienza traumatica, sia essa recente o lontana nel tempo, venga rapidamente ed efficacemente elaborata. L’EMDR, dunque, è una valida strada per ricollocare il trauma nel tempo a cui appartiene – il passato -, rendendolo di fatto solo un lontano ricordo.

La psicoterapia per riappropriarsi di sé

Io non credo in queste cose“. 

Ho incontrato diverse persone che, dopo aver saputo quale fosse la mia professione, mi hanno esplicitato con fermezza il loro scetticismo rispetto alla psicoterapia e all’EMDR, dubitando sia della loro efficacia che dei loro stessi assunti di base. Ogni volta che capita, me ne chiedo il motivo e mi domando se in qualche modo non sia un tentativo di distanziarsi dalla propria interiorità e dalla possibilità  di cambiamento. Forse non in tutti i casi questa lettura potrà essere valida, ma, laddove lo fosse, le parole “Io non ci credo” potrebbero rappresentare una modalità per evitare di doversi confrontare con elementi disturbanti, rimasti per qualche ragione non metabolizzati. 

Non affrontare questo tipo di materiale psichico, però, implica un continuo ed elevato dispendio di energie per tenerlo il più possibile lontano dalla coscienza, di fatto non ottenendo altro che conservarlo intatto in tutta la sua forza ed influenza. Decidere di lasciarlo emergere può spaventare e disorientare ed è in questo che -paradossalmente, per chi dice di non crederci- lo psicoterapeuta può essere d’aiuto, ponendosi come un compagno di viaggio che starà accanto e supporterà nei momenti più faticosi e duri, ma non sarà in lui che si dovrà credere, bensì in sé stessi. Rivolgersi ad un professionista che utilizza l’EMDR potrà rendere il percorso più rapido e diretto, sebbene ad alta intensità emotiva. Lungo la strada, pian piano s’imparerà a lasciar andare le zavorre inutili, a scoprire in sé nuove risorse e potenzialità e ad investire al meglio risorse ed energie. Alla fine del cammino, il materiale psichico disturbante non sarà più tale e ci si sarà riappropriati di sé stessi, della propria vita e del proprio futuro.

Il potere rigenerante del verde

Ho la fortuna di poter trascorrere ogni tanto un po’ di tempo in un luogo immerso nel verde,  a contatto con una natura in parte ancora selvatica che dà vita a scorci variegati e contrastanti: mare e collina, coltivazioni e boscaglia, alberi da frutto e rovi selvatici. I momenti in cui riesco a fermarmi in silenzio ed a lasciar correre lo sguardo purtroppo sono pochi, ma sufficienti a donarmi vitalità, energia e benessere.

Quando ci sentiamo pervasi da emozioni negative, o siamo stressati da mille impegni e responsabilità e percepiamo come predominanti gli elementi che ci causano malessere, abbiamo bisogno di fermarci e di dedicarci a noi, per ritrovare le forze e le risorse che ci permettano di affrontare in modo più efficace la quotidianità. In tal senso, immergersi nella natura ha un potere di rigenerazione eccezionale. Ma come fare quando si vive in città, dove predomina il cemento? Creare un piccolo angolo verde, sul balcone o in un angolo della casa può essere una soluzione per rendere l’ambiente più vitale; prendersi alcuni istanti per sé, per contemplare il nostro “giardino privato”, prendersene cura e riconnettersi con il ritmo naturale, può aiutarci a migliorare l’umore e ad alleviare le tensioni della giornata.

Respira.

​Respirare: una cosa tanto semplice, automatica e naturale che normalmente non richiama la nostra attenzione. Ma ci sono momenti capaci di toglierci il respiro. Letteralmente. È come se il nostro organismo d’un tratto volesse isolarsi da un mondo divenuto pericoloso ed angosciante, chiudendo fuori tutto, anche l’aria. Una forma estrema di difesa che causa a sua volta profondo malessere in chi la vive, ma che rappresenta in quel momento il male minore. La reazione è spesso di spavento, di paura di perdere il controllo su di sè, cosa che ci porta  a tentare di lottare contro il proprio corpo, pur non sapendo esattamente come fare. Perché, però, non provare a leggere tutto ciò come una possibilità, una forma di auto-protezione? Forse il nostro corpo ci sta isolando solo perché tutte le nostre energie siano utilizzate per rendere più tollerabile ciò che ci ha così tanto turbato. A volte bastano pochi secondi, altre volte di più; a volte riusciamo a restare dove siamo, altre abbiamo bisogno di allontanarci. La certezza,  però, è che passerà. E lo farà più velocemente quanto più saremo rapidi nell’identificare le nostre risorse per affrontare l’evento critico. Riconnettendoci con noi stessi, e non combattendoci, ricominceremo a respirare normalmente e permetteremo di nuovo al mondo di entrare dentro di noi.