Terremoto: il trauma

Ci sono tragedie che sconvolgono l’anima e che fanno echeggiare la loro potenza distruttrice e mortifera anche a migliaia di chilometri di distanza dai luoghi direttamente colpiti. Le notizie che si susseguono in queste ore descrivono la devastazione che ha coinvolto il centro Italia e rilevano come le sue dimensioni siano dolorosamente in crescita, lacerando il cuore anche a chi ha solo appreso l’accaduto dai media. L’attenzione, giustamente, è tutta su chi ha perso la vita, i familiari, la casa e deve affrontare un futuro pieno di dubbi, paure ed incognite ed in loro favore si stanno attivando tante iniziative di sostegno a vari livelli. Ma il mio pensiero corre anche a qualcun altro. Tanti sono i soccorritori partiti da tutta Italia per prestare il loro aiuto, accettando il rischio di diventare a loro volta vittime del terremoto, non solo per la possibilità di ulteriori scosse o cedimenti, ma anche per i risvolti psicologici che interventi del genere portano con sé. Trovarsi di fronte a paesi interamente distrutti, estrarre dalle macerie persone che non ce l’hanno fatta, sentire per ore le urla di chi ancora è là sotto e vedere sui volti dei sopravvissuti il terrore e la disperazione sono a loro volta esperienze altamente traumatiche, che segnano indelebilmente chi le vive e che possono rendergli difficile il ritorno ad una vita normale. Flashback, incubi, pensieri intrusivi, sforzi per evitare stimoli che rimandano a quanto vissuto, fatica a ricordare, eccessiva irritabilità e reattività, senso di colpa ed emozioni negative sono solo alcuni dei segnali che evidenziano l’elevato livello di stress a cui si è stati sottoposti. Tali reazioni, molto frequenti tra chi ha avuto a che fare con eventi traumatici, rappresentano una risposta fisiologica del nostro organismo nel periodo immediatamente successivo al trauma e solitamente regrediscono spontaneamente col passare del tempo. In alcuni casi, però, possono protrarsi a lungo, con crisi d’ansia che incidono negativamente su uno o più ambiti di vita ed evolvono in un vero e proprio Disturbo da Stress Post-traumatico (PTSD). Quest’ultimo difficilmente riesce ad essere superato senza una terapia.

L’EMDR può essere applicato già nella fase acuta dell’evento, al fine di rendere più tollerabile l’elevata attivazione fisiologica, e rappresenta un trattamento d’elezione nelle fasi successive e nei casi di insorgenza di disturbi più complessi.

Non essendomi possibile offrire aiuto in loco, ho scelto di mettermi a disposizione dei soccorritori partiti dalla provincia di Milano che nei prossimi mesi dovessero sentire il bisogno di un supporto psicologico.

Che cos’ è l’EMDR?

Segui le mie dita.

Francine Shapiro lo scoprì per caso nel 1987. Passeggiando in un parco, assorta nei suoi pensieri, si rese conto che determinati movimenti oculari, che stava involontariamente attuando, permettevano una rapida riduzione del livello di stress connesso a ricordi traumatici. Così iniziò il percorso di ricerca e studi scientifici che hanno portato alla strutturazione della terapia EMDR (Eye Movement Desensitization And Reprocessing – Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) e del modello teorico AIP (Adaptive Information Processing – Elaborazione adattiva dell’informazione) che ne sta alla base. 

Nel 2013 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il metodo nelle nuove linee guida per il trattamento dei disturbi psicologici connessi ad eventi traumatici, riconoscendone così l’efficacia, ed oggi gli psicoterapeuti esperti in EMDR, sono spesso in prima linea nel fornire supporto psicologico in situazioni di emergenza.

La stimolazione bilaterale data dai movimenti oculari guidati dal terapeuta, ottenibile anche con tocchi o suoni alternati, fa sì che l’esperienza traumatica, sia essa recente o lontana nel tempo, venga rapidamente ed efficacemente elaborata. L’EMDR, dunque, è una valida strada per ricollocare il trauma nel tempo a cui appartiene – il passato -, rendendolo di fatto solo un lontano ricordo.